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C’è una nuova insidia nelle telefonate indesiderate, più sottile e pericolosa delle offerte aggressive o delle voci registrate: è la richiesta, spesso innocente solo in apparenza, di farci pronunciare un semplice “sì”.
Una parola che usiamo ogni giorno, automatica, naturale. Ed è proprio questa naturalezza ad aprire la porta alle truffe telefoniche più astute.

La tecnica: catturare la tua voce

Alcuni truffatori utilizzano quella che viene chiamata “scam del sì”: la chiamata inizia con una domanda banale —
“Mi sente?”, “È il signor Rossi?”, “Conferma che parlo con lei?” — tutto con l’unico scopo di registrare la tua risposta affermativa.

Quel “sì” può poi essere tagliato, estrapolato e inserito come “consenso” in contratti non richiesti, attivazioni di servizi o adesioni mai autorizzate.
È una manipolazione che sfrutta il nostro riflesso conversazionale e la fiducia nel telefono come strumento familiare.

Perché la truffa funziona

La forza di questa tecnica sta nella sua semplicità. Nessuna pressione commerciale, nessuna storia complicata: solo una domanda che chiunque, per educazione o abitudine, è portato a confermare.

I truffatori sanno che l’essere umano tende ad assecondare la conversazione. Una volta catturato il “sì”, hanno il loro materiale. E molti, scoprendolo, se ne accorgono troppo tardi.

Come difendersi davvero

Ecco le regole fondamentali per evitare problemi:

  • Mai rispondere “sì” a numeri sconosciuti. Se senti domande vaghe, resta in silenzio o chiudi la chiamata.

  • Non confermare identità o dati personali. Un vero operatore sa già chi sei.

  • Rispondi in modo neutro: “Chi parla?”, “Per quale motivo mi contatta?”, “Non fornisco informazioni al telefono”.

  • Interrompi subito la chiamata se percepisci insistenza o stranezze.

  • Non fidarti dei numeri con prefissi simili ai tuoi: spesso sono camuffati (spoofing).

  • Segnala e blocca il numero immediatamente dopo il contatto sospetto.

Il ruolo della consapevolezza

Il grande problema è che queste truffe si nutrono della nostra disattenzione. Nessuno si aspetta che un’unica parola possa essere usata come arma contro di noi.
Per questo, oggi più che mai, serve una cultura della prudenza digitale: riconoscere i segnali, non cadere nell’automatismo, e soprattutto non affidare la nostra voce a chi non conosciamo.

Conclusione

Il telefono, un tempo simbolo di connessione e vicinanza, sta diventando un territorio infido dove una risposta sbagliata può costare cara.
Non si tratta di vivere nella paranoia, ma di abituarsi a una forma moderna di autodifesa: proteggere la nostra voce e il nostro “sì” come proteggeremmo un codice di sicurezza.

Perché in un mondo in cui tutto può essere registrato, rielaborato e usato contro di noi, la prudenza non è più un’opzione: è una necessità.